LIVE WORKS SUMMIT

a cura di Barbara Boninsegna e Simone Frangi

01-02-03 LUGLIO 2022

PER INFO E PRENOTAZIONI
+39 327 9019738 – info@centralefies.it

Live Works è il progetto di Centrale Fies in forma di Free School dedicato all’approfondimento pratico e teorico dei confini delle arti performative, che giunge quest’anno alla sua decima edizione. Si struttura grazie a più periodi di residenza offerti ai progetti selezionati, intendendo la performance come spazio di lavoro, come strumento ed esercizio culturale. La specificità del progetto consiste in un’attenzione particolare alla ricerca ibrida, con l’intento di sottolineare la natura di “apertura” e fluidità del performativo, la sua implicazione sociale e politica e la sua intelligibilità pubblica. Live Works Summit rappresenta il momento annuale di apertura al pubblico, grazie al quale conoscere gli esiti dei progetti selezionati nel 2021 con il supporto curatoriale e produttivo di Centrale Fies ma anche opere di guest performer dai percorsi internazionali già consolidati. 

PROGRAMMA

01 LUGLIO

ore 17:00 – 24:00 | Opening – Galleria Trasformatori
❉  KAS | Exhibit con Mohamed Abdelkarim, Simon Asencio, Miriam Cahn, Giulia Damiani e Le Nemesiache, Alessandra Ferrini, Alfeno Liboni, Belinda Kazeem-Kamiński, Vanja Smiljanić
exhibit


ph. Giulia Damiani from Le Nemesiache’s Archive
KAS è una mostra collettiva di natura performativa che costituisce il terzo episodio di “Trilogia anti-moderna”, ciclo di esposizioni che Centrale Fies dedica da alcuni anni alla relazione tra gli oggetti e le loro attivazioni, rivalorizzando forme di sapere (affettivo, somatico, visuale) censurate o soppresse dalla modernità sesso-coloniale occidentale. 
Dopo la mostra collettiva “Storia Notturna” (2020) dedicata all’esplorazione di prassi di stregoneria perfoamativa e la bi-personale di Josefa Ntjam e Joar Nango (2021) impegnata nella decostruzione del concetto eurocentrico di genealogia e delle versioni orientalizzanti e depoliticizzate dell’idea di indigeneità, KAS riflette insieme ad un gruppo di artisti e artiste internazionali sulla funzione di topoi mitologici e della fabbricazione collettiva immagini di “urbanità primigenie” nei processi fondativi delle “comunità immaginate”. 
Il titolo prende infatti le mosse da Kas, un città premoderna che sarebbe esistita nel sito di Fies prima della grande frana che creò nella preistoria il biotopo delle Marocche e testimoniata dal ritrovamento di un laterizio – sulla cui “veridicità” e “autenticità” gli storici ancora dibattono – e tenuta viva da fabulazioni popolari e dalla produzione pittorica del farmacista locale Alfeno Liboni. 
Kas diventerà il punto di partenza di artiste ed artisti per articolare una serie di questioni sociopolitiche che sottendono a tali immaginari, spesso considerati innocui, ma in realtà innervati da forme di lotta critica nei confronti di architetture oppressive: archeologia e orografia speculativa come fonte di legittimazione dei nazionalismi o la loro ri-appropriazione funzionale in funzione anti-nazionalistica; violenza simbolica e materiale dei processi di fondazione nonché della loro trasmissione e riproduzione attraverso archivi materiali e visuali o attraverso nozioni egemoniche di patrimonio e eredità culturale; l’artificialità del tempo della storia e della sua tripartizione in passato, presente e futuro; l’affermatività della nozioni speculative di futurità e catastrofe; la riforma del concetto artificiale di “oggettività” e le possibilità della sua erosione. 
Come le altre due mostre della triologia, KAS avrà una durata “statica” di due mesi e sarà attivata con un ciclo di performance in occasione di Live Works Summit 2022.

A cura di Simone Frangi e Barbara Boninsegna, curatela esecutiva Maria Chemello

ore 17.00 – 24.00 | Forgia
Silvia Rosi/AIGF | Omissions
audio-video installazione


ph Alessandro Sala courtesy Centrale Fies

Nata nel 1992, Rosi lavora e vive tra Londra e Modena. Lavora con la fotografia, il testo e il video per esplorare le idee di memoria, migrazione e diaspora. Si è laureata al London College of Communication nel 2016 con un BA (Hons) in fotografia. Il suo lavoro è stato pubblicato da Foam e dal British Journal of Photography tra gli altri. Ha ricevuto il Jerwood/Photoworks Awards e Portrait of Britain(2020). Il suo lavoro è stato esposto in mostre tra cui il Taylor Wessing National Portrait Prize, Autograph ABP New Artist Commissions (2021) e In the Now: Gender and Nation in Europe/LACMA (2022).

ore 17.00 (durata 60’) | Terme
Gaia Giuliani | Fears of catastrophe in the Anthropocene: A postcolonial critique
Free School of Performance

❬❬REGISTER❭❭ SOLD OUT

Il mio intervento mira a disfare l’archivio coloniale e razzista alla base della grammatica dell’Antropocene attraverso un’analisi visiva e discorsiva delle narrazioni dei media mainstream. La mia posizione è quella di una studiosa femminista antirazzista bianca italiana impegnata nella continua decostruzione del discorso pubblico e delle iconografie della razza e della bianchezza, mettendo in discussione il Nord Globale e, nello specifico, l’immaginario normativo bianco dell’Europa alla base delle paure delle catastrofi antropoceniche.

dalle ore 16:00 alle ore 22.00, ogni 30’ | Orti
Selin Davasse/LW_9 | Multiplicity of Asia Minor

❨❨TICKET❩❩


Selin Davasse, performance documentation, Amnio-Fountain for Public Space Gestationality, San Marino, 2021. Courtesy of the artist and MEDITERRANEA 19 Young Artists Biennial. Photo by Andrea Glez.

Multiplicity of Asia Minor (MAM) – Day of the Wolf

An intimate performance by Selin Davasse to an audience of one or two, in English or Italian.
Each 30min performance slot can be booked by a maximum of two guests at a time. 
The performance is delivered in English or Italian according to the guests’ preference.
A different performance is presented each day, coming together to form a whole, but also open to be experienced in parts.

****

It’s the year 2072. A deterritorialized, indefinable and unpredictable multi-species community known as the “Multiplicity of Asia Minor (MAM)” enjoys autonomy in Asia Minor; the region formerly known in part or in whole as Türkiye, Turkey, Armenia, Kurdistan, Ottoman/Byzantine/Roman Empires…
Haunted by name-giving pseudo-heroic cismales for centuries, Asia Minor’s pre-MAM historiography in the Republican era (1927-2023) was shaped around a founding father’s 36-hour-long “Great Speech”—a performative text which never reflected reality, but in fact constructed it.
In a reparative effort, MAM offers the performative services of a public servant known as MAMMY who supplants this pretentious and paternalistic “founding father gesture” with a cooperative, hospitable and self-effacing “surrogate mother gesture” of holding and nurturing without claiming authorship or authority.
Decentering the human cismale and adapting the logic of posthuman gestationality to the social landscape of political rhetoric, MAMMY narrates and contaminates origin myths in a polyphonic, fragmentary and heterogeneous manner, in the metaphorical company of animals known for their adaptability.
Renouncing the didacticism inherent to public speech acts, MAMMY welcomes guests in groups of one or two to each experience a personal performance shaped around intra-uterine life, where communication relies on warmth, tactility and sound.
Refraining from repeating the mistakes of past Hellenizers, Romanizers, Turkifiers, MAMMY speaks with her guests in the language of their choice.

*****

On the Day of the Wolf:
You’ll follow the umbilical cord down the stairs into Cantina and take a seat on the amniotic sac. 
You’ll be greeted by a literal dog, role-playing as the proverbial wolf, who is now rehabilitated from her nonconsensual implication in violent narratives of masculinist nation-building. 
You’ll be intellectually suckled by MAMMY’s political contemplations and critical fabulations in the form of a girly diary entry on Turks, Romans, state-sanctioned savagery and she-wolves both maternal and predatory. Awooo!

ore 18.15 (durata 45’) | Galleria Trasformatori
Giulia Damiani e Le Nemesiache | Cerca, tramuta, traduci. Pronuncia corpo e roccia. Le Nemesiache a Napoli

❬❬REGISTER❭❭ SOLD OUT



Il lavoro di Giulia Damiani con Le Nemesiache continua un investimento in profondità in un paesaggio femminista, sia localizzato che cosmico. L’intenso rapporto di ricerca e l’approccio performativo alla storia del gruppo mantengono viva la promessa di momenti di intimità eruttiva e di danza, promessa racchiusa nei materiali artistici dalle Nemesiache. L’azione ritualizzata del gruppo a Napoli, attraversando i confini del corpo nel paesaggio, ha ricercato e reimmaginato corpi e elementi urbani e naturali. Le Nemesiache cercavano indizi per far finalmente tremare l’apparato culturale e politico, estrattivo e patriarcale. Il lavoro mostra come abbiano trovato tracce vulcaniche, templi, rocce e industrie abbandonate, portandoli insieme in una danza continua e generando una comprensione esplosiva e porosa di corpi e luoghi.
Questo progetto speculativo di mostra e narrazione ad alta voce parla del metodo della psicofavola come di un processo lento di apprendimento con il gruppo, intimo e trasformativo; così come del tentativo di metterla in circolazione e farla vibrare oltre. Nello spazio sono presenti frammenti e materiali prodotti dalle Nemesiache negli anni 70 e 80 come documenti originali, manifesti, fotografie, video, costumi e materiali in tessuto che parlano delle loro azioni politiche e creative. Gli oggetti in mostra provengono dall’Archivio Mangiacapra.

ore 19.00 (durata 60’) | Turbina 2
Sergi Casero/LW_9 | El Pacto del Olvido

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ph. Flora Lechner

Il “Patto dell’oblio” è una legge spagnola di amnistia approvata dopo la morte del dittatore Francisco Franco nel 1975, che impedisce l’indagine legale sui crimini commessi durante i suoi 40 anni di governo. Questo concetto istituzionalizzato di amnesia collettiva colpisce ancora oggi la società, lasciando una storiografia nazionale incompleta, e mantenendo la sopravvivenza e la supremazia della narrazione dei vincitori.
Come ci relazioniamo con il passato? Chi lo racconta? Che linguaggio usiamo per descrivere ciò che è successo? La performance di Sergi Casero Nieto “El Pacto del Olvido” indaga il silenzio storico in Spagna, la sua trasmissione intergenerazionale e i suoi effetti su coloro che sono nati a seguito della dittatura. Elementi immateriali, come la luce e il suono, evocano i ricordi dei protagonisti, tra cui la nonna dell’autore, che hanno vissuto la guerra civile, il dopoguerra e la dittatura. Combinando esperienze personali, racconti storici e documenti raccolti durante la ricerca, la performance sostiene il valore della raccolta di diverse prospettive attraverso la memoria e la storia orale, segnalando i confini del silenzio collettivo e mettendo in discussione le narrazioni “ufficiali” della storia.

20:30 (durata 90’) | Turbina 1
Philippe Quesne | Farm Fatale

❨❨TICKET❩❩


ph. Martin Argyroglo
Al confine tra l’umano e il burattino, il contadino e lo spaventapasseri, i cinque personaggi mascherati di Farm Fatale appaiono e si posano su uno sfondo bianco immacolato. Il pubblico viene quindi condotto in un mondo fortemente evocativo della fattoria, dove vive un gruppo di poeti spaventapasseri che gestiscono una stazione radiofonica indipendente, cantano, suonano, inventano slogan e talvolta fanno filosofia. Mascherati e parlando con voci distorte, questi clown contemplativi in sintonia con le pulsazioni del pianeta possono risultare in qualche modo familiari. In effetti, questi uomini e donne che lottano per un mondo migliore sono per lo più sognatori ad occhi aperti, poeti e attivisti con una tendenza affascinante e inebriante a meravigliarsi della bellezza e della diversità della natura. Si tratta di eroi divertenti e gentili in modo disarmante, che vivono a livello di piante o di animali, in qualche modo cercando di evitare un capitalismo rampante che distrugge foreste, terre e oceani, e di salvare le molteplici vite di coloro che brulicano, parlano, poetano e pensano intorno a noi.

ore 23:00 (durata 75’) | Sala Comando
Gabbi Cattani/LW_9 | ERSATZ – a mystery play in nineteen tableaux

❨❨TICKET❩❩



ERSATZ è una performance della durata di una notte, composta da 19 tableaux vivants tratti dal libro Impressions d’Afrique (Impressioni d’Africa) pubblicato nel 1909 dallo scrittore francese Raymond Roussel (1877-1933). Nel suo libro, Roussel descrive un assurdo e parodistico anti-show coloniale, nel quale dei prigionieri bianchi sono chiamati ad esibirsi per la cerimonia di incoronazione di un immaginario re africano chiamato Talou VII. Si susseguono un’interminabile serie di numeri, concerti, statue viventi e prodezze scientifiche che culmina nella presentazione di quattro macchine cinematografiche capaci di proiettare degli improbabili diorami di un’alterata storia della cultura e dell’economia del continente occidentale. 

ERSATZ procede dalle descrizioni contenute nel testo di Roussel al fine di modificarle e rimontarle, principalmente come tableaux vivants. ERSATZ incorpora re-enactments di opere d’arte storiche e contemporanee, videogiochi e immagini erotiche, insieme alla messa in scena di episodi della storia della famiglia e degli amici di Cattani. A questo proposito, ERSATZ fa un chiaro riferimento al genere teatrale dei Misteri medievali e alle cerimonie religiose cittadine, che durano giorni se non settimane, e in cui il testo scritto è rappresentato appunto tramite la ripetizione continua di azioni statiche composte dai cittadini stessi per coloro che vi prendono parte piuttosto che per un pubblico esterno. 

ERSATZ è stato performato nella notte tra il 30 e il 31 ottobre 2021, presso la Städelschule di Francoforte, senza pubblico. 

La documentazione video è un elemento fondante del progetto: ogni tableau è stato filmato dai performers stessi con una sola macchina fotografica Nikon Coolpix L5. Il materiale video ha generato il secondo capitolo del progetto nella forma di un film e di una video-installazione.

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02 LUGLIO

ore 17:00 – 24:00 | Galleria Trasformatori
KAS | Exhibit con Mohamed Abdelkarim, Simon Asencio, Miriam Cahn, Giulia Damiani e Le Nemesiache, Alessandra Ferrini, Alfeno Liboni, Belinda Kazeem-Kamiński, Vanja Smiljanić
exhibit
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ph. Giulia Damiani from Le Nemesiache’s Archive
KAS è una mostra collettiva di natura performativa che costituisce il terzo episodio di “Trilogia anti-moderna”, ciclo di esposizioni che Centrale Fies dedica da alcuni anni alla relazione tra gli oggetti e le loro attivazioni, rivalorizzando forme di sapere (affettivo, somatico, visuale) censurate o soppresse dalla modernità sesso-coloniale occidentale. 
Dopo la mostra collettiva “Storia Notturna” (2020) dedicata all’esplorazione di prassi di stregoneria perfoamativa e la bi-personale di Josefa Ntjam e Joar Nango (2021) impegnata nella decostruzione del concetto eurocentrico di genealogia e delle versioni orientalizzanti e depoliticizzate dell’idea di indigeneità, KAS riflette insieme ad un gruppo di artisti e artiste internazionali sulla funzione di topoi mitologici e della fabbricazione collettiva immagini di “urbanità primigenie” nei processi fondativi delle “comunità immaginate”. 
Il titolo prende infatti le mosse da Kas, un città premoderna che sarebbe esistita nel sito di Fies prima della grande frana che creò nella preistoria il biotopo delle Marocche e testimoniata dal ritrovamento di un laterizio – sulla cui “veridicità” e “autenticità” gli storici ancora dibattono – e tenuta viva da fabulazioni popolari e dalla produzione pittorica del farmacista locale Alfeno Liboni. 
Kas diventerà il punto di partenza di artiste ed artisti per articolare una serie di questioni sociopolitiche che sottendono a tali immaginari, spesso considerati innocui, ma in realtà innervati da forme di lotta critica nei confronti di architetture oppressive: archeologia e orografia speculativa come fonte di legittimazione dei nazionalismi o la loro ri-appropriazione funzionale in funzione anti-nazionalistica; violenza simbolica e materiale dei processi di fondazione nonché della loro trasmissione e riproduzione attraverso archivi materiali e visuali o attraverso nozioni egemoniche di patrimonio e eredità culturale; l’artificialità del tempo della storia e della sua tripartizione in passato, presente e futuro; l’affermatività della nozioni speculative di futurità e catastrofe; la riforma del concetto artificiale di “oggettività” e le possibilità della sua erosione. 
Come le altre due mostre della triologia, KAS avrà una durata “statica” di due mesi e sarà attivata con un ciclo di performance in occasione di Live Works Summit 2022.

A cura di Simone Frangi e Barbara Boninsegna, curatela esecutiva Maria Chemello

ore 17.00 – 24.00 | Forgia
Silvia Rosi/AIGF | Omissions
audio-video installazione

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ph Alessandro Sala courtesy Centrale Fies

Nata nel 1992, Rosi lavora e vive tra Londra e Modena. Lavora con la fotografia, il testo e il video per esplorare le idee di memoria, migrazione e diaspora. Si è laureata al London College of Communication nel 2016 con un BA (Hons) in fotografia. Il suo lavoro è stato pubblicato da Foam e dal British Journal of Photography tra gli altri. Ha ricevuto il Jerwood/Photoworks Awards e Portrait of Britain(2020). Il suo lavoro è stato esposto in mostre tra cui il Taylor Wessing National Portrait Prize, Autograph ABP New Artist Commissions (2021) e In the Now: Gender and Nation in Europe/LACMA (2022).

ore 17:00 (durata 60’) | Terme
Patricia MacCormack
Free School of Performance

❬❬REGISTER❭❭ SOLD OUT



In questo intervento integrato da materiale visivo, Patricia MacCormack, docente di Continental Philosophy presso l’ARU di Cambridge, discuterà le relazioni tra arte, teorie queer, morte e fine dell’Antropocene. Attraverso il cinema, la pittura, la performance e la filosofia, questo talk informale si focalizzerà su diverse questioni: come gli esseri umani possano entrare in un divenire Ahuman per cambiare il mondo, come gli studi queer sulla morte siano un campo in grado di facilitare questo cambiamento e cosa significhi contare come vivз e mortз nell’Antropocene. Lз partecipanti saranno infine incoraggiatз a riflettere sulle possibilità insite nella loro arte di porsi in relazione con il concetto di becoming-Ahuman. 

dalle ore 16:00 alle ore 22.00, ogni 30’ | Orti
Selin Davasse/LW_9 | Multiplicity of Asia Minor

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Selin Davasse, performance documentation, Amnio-Fountain for Public Space Gestationality, San Marino, 2021. Courtesy of the artist and MEDITERRANEA 19 Young Artists Biennial. Photo by Andrea Glez.

Multiplicity of Asia Minor (MAM) – Day of the Pigeon

An intimate performance by Selin Davasse to an audience of one or two, in English or Italian.
Each 30min performance slot can be booked by a maximum of two guests at a time. 
The performance is delivered in English or Italian according to the guests’ preference.
A different performance is presented each day, coming together to form a whole, but also open to be experienced in parts.

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It’s the year 2072. A deterritorialized, indefinable and unpredictable multi-species community known as the “Multiplicity of Asia Minor (MAM)” enjoys autonomy in Asia Minor; the region formerly known in part or in whole as Türkiye, Turkey, Armenia, Kurdistan, Ottoman/Byzantine/Roman Empires…
Haunted by name-giving pseudo-heroic cismales for centuries, Asia Minor’s pre-MAM historiography in the Republican era (1927-2023) was shaped around a founding father’s 36-hour-long “Great Speech”—a performative text which never reflected reality, but in fact constructed it.
In a reparative effort, MAM offers the performative services of a public servant known as MAMMY who supplants this pretentious and paternalistic “founding father gesture” with a cooperative, hospitable and self-effacing “surrogate mother gesture” of holding and nurturing without claiming authorship or authority.
Decentering the human cismale and adapting the logic of posthuman gestationality to the social landscape of political rhetoric, MAMMY narrates and contaminates origin myths in a polyphonic, fragmentary and heterogeneous manner, in the metaphorical company of animals known for their adaptability.
Renouncing the didacticism inherent to public speech acts, MAMMY welcomes guests in groups of one or two to each experience a personal performance shaped around intra-uterine life, where communication relies on warmth, tactility and sound.
Refraining from repeating the mistakes of past Hellenizers, Romanizers, Turkifiers, MAMMY speaks with her guests in the language of their choice.

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On the Day of the Pigeon:
You’ll follow the umbilical cord down the stairs into Cantina and take a seat on the amniotic sac. 
You’ll be immersed in a soundscape of pigeons thriving against all odds in hostile cities that want to kill them.
As MAMMY with her cooing cunt contemplates on the politics of exclusion, pollutability and disgust; libidinous leaky literature in vivid and vulgar vulviform verse will rain on you like pigeon droppings. You might feel slightly dirty afterwards, but don’t worry, a pigeon would love you no matter how dirty. Now could you love her back?

ore 18.30 (durata 30’) | Galleria Trasformatori
Vanja Smiljanić | Labyrinth riders in disremembering Atlantis

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Studies on hierarchy, (hissing dialogues) photo © Vanja Smiljanić, 2020
Labyrinth-rider (in a search of Atlantis)
C’è un labirinto.
Il suo nome ufficiale è ‘Past Life Therapy Machine’.
È uno strumento progettato per essere manovrato.
Sia formalmente che fisicamente, è un labirinto di concezione tridimensionale con la funzione di rompere la linearità del tempo attraverso un modus operandi spirografico.
Il modo in cui il labirinto è costruito permette al labirintista di impegnarsi con esso su tre livelli diversi: macro, meso e micro, allo stesso tempo.
Carichiamo il labirinto e qualifichiamo i suoi principali blocchi di costruzione con tre personaggi.
PRIMA, entriamo nel labirinto.
Poi, raggiungiamo il centro.
Poi, con un movimento speculare, usciamo dal labirinto.
Ci godiamo il viaggio.


In 9600 BCE Atlantis was destroyed. Only few survived.
Following three former Atlantean inhabitants that have lingered in between dimensions ever since,  Labyrinth riders in Searching for Atlantis shows their integration process into the Now.

ore 20.00 (durata 30’-40’) | Mezzelune
Clementine Edwards & Ada M. Patterson/LW_9 | A Moth Upon a Star

❨❨TICKET❩❩ SOLD OUT


ph. Roberta Segata, courtesy Centrale Fies

A Moth Upon a Star è una performance di Clementine Edwards e Ada M. Patterson LIVE WORKS Vol. 9, che ricorda e onora le falene bogong e le stelle marine. 
A causa dei cambiamenti climatici, la popolazione di falene bogong è crollata in modo catastrofico, mentre le stelle di mare sono deperite e morte in acque sempre più calde. Tra l’impossibilità di afferrare il dolore e lo strazio per il fallimento delle tattiche di sopravvivenza, questo spettacolo sa che anche un tentativo fallito è comunque un tentativo che vale la pena ricordare.
Portando la dolcezza che diventa cruciale durante la crisi, lo spettacolo è uno scambio illuminato e musicato tra Ada e Clementine. È un umile tentativo di raccontare le dense correnti del dolore in continua evoluzione su uno sfondo di immagini in movimento. La performance mette in scena spoken word, canzoni d’amore interspecie con scintillanti armonie di steel pan, momenti di danza, pedagogie queer e trans e giocose estetiche DIY che puntano all’abbondanza in tempi di scarsità.
A Moth Upon a Star
dà spazio a un confronto testuale ed emotivo tra diversi corpi e diversi mondi, pieni di desiderio e di tentativi di ancorarsi all’ambiente, alla storia e alla terra che li circonda, ma che allo stesso tempo falliscono o resistono a questi impulsi.
Con opere digitali di Janusch Lorenz e il supporto coreografico di Clara Saito ed Elisa Guiliano. Commissionato da Simone Frangi e Barbara Boninsegna, Centrale Fies, per LIVEWORKS Vol. 9 2022. A Moth Upon A Star è sostenuto dai Fondi Mondriaan.


With digital artwork by Janusch Lorenz, choreographic support from Clara Saito and Elisa Guiliano, and translation by Elisa Pezza and Gabbi Cattani.
Con opere digitali di Janusch Lorenz, il supporto coreografico di Clara Saito ed Elisa Guiliano, e traduzione di Elisa Pezza e Gabbi Cattani. 

A Moth Upon A Star is supported by Mondriaan Funds. 

21.30 (durata 60’) | Turbine
Omar Souleyman | Omar Souleyman 

❨❨TICKET❩❩ SOLD OUT

ore 23.00 (durata 55’) | Sala Comando
Joannie Baumgärtner/LW_9 | Fuck Moon, Bless Clouds

❨❨TICKET❩❩



“FUCK MOON, BLESS CLOUDS” è una performance multimediale ispirata alla professione storica dei cosiddetti link-boys* nella Londra notturna. All’inizio dell’era moderna, questi link-boys*, ragazzac3 e miserabil3, lavoravano come portator3 di torcia a pagamento, guidando i loro clienti attraverso strade buie e pericolose. Famos3 per la loro propensione a tendere imboscate ai clienti incauti, e con la reputazione di fornire lavoro sessuale a tutti i generi che si manifestava persino nelle belle arti dell’epoca, diventano simbolo di una forma ambivalente ed effimera di compagnia – una forma fuori sincrono con codici morali e legali del loro tempo. Questa società nascosta e notturna, ironicamente soprannominata comunità di “Moon-Cursers”, dal momento che la luce della luna ha reso obsoleti i loro servizi, ha avuto un profondo impatto sul gergo, le abitudini e l’architettura di quell’epoca. La loro esistenza all’interno, ma non tra la società moderna, permette di speculare sulle leggi e sui costumi e sulla comunità che avevano costruito tra loro, parallelamente alla società. Utilizzando giocosamente una comprensione contemporanea dell’orientamento, della visibilità e della solidarietà, “FUCK MOON, BLESS CLOUDS” trasforma il linguaggio, le azioni e l’estetica che circondano i link-boys* in un impegno performativo con la socialità estetica di questi paria e un’indagine sui resti contemporanei della storia moderna.

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03 LUGLIO

ore 17.00 | Terme
Valentina Desideri & Denise Ferreira Da Silva | The Sensing Salon
Free School of Performance

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The Sensing Salon è una pratica di studio, concepita da Valentina Desideri e Denise Ferreira da Silva, che espande l’immagine dell’arte oltre gli oggetti, eventi e discorre per includere le arti curative. Attraverso formati che facilitano studi e sperimentazioni collaborativi con pratiche e strumenti differenti di lettura (per esempio Tarocchi e Astrologia) e cura (come Reiki e Terapia politica), favorisce una forma di socialità che assiste la nostra esistenza profondamente complicata. Insieme loro performano sessioni individuali e di gruppo di Letture poetiche dove usano strumenti di lettura diverse, sovrapponendoli alle immagini e discutendo le domande portate dai partecipanti.

ore 18:00 – 24:00 | Galleria Trasformatori
KAS | Exhibit con Mohamed Abdelkarim, Simon Asencio, Miriam Cahn, Giulia Damiani e Le Nemesiache, Alessandra Ferrini, Alfeno Liboni, Belinda Kazeem-Kamiński, Vanja Smiljanić
exhibit

❬❬REGISTER❭❭


ph. Giulia Damiani from Le Nemesiache’s Archive
KAS è una mostra collettiva di natura performativa che costituisce il terzo episodio di “Trilogia anti-moderna”, ciclo di esposizioni che Centrale Fies dedica da alcuni anni alla relazione tra gli oggetti e le loro attivazioni, rivalorizzando forme di sapere (affettivo, somatico, visuale) censurate o soppresse dalla modernità sesso-coloniale occidentale. 
Dopo la mostra collettiva “Storia Notturna” (2020) dedicata all’esplorazione di prassi di stregoneria perfoamativa e la bi-personale di Josefa Ntjam e Joar Nango (2021) impegnata nella decostruzione del concetto eurocentrico di genealogia e delle versioni orientalizzanti e depoliticizzate dell’idea di indigeneità, KAS riflette insieme ad un gruppo di artisti e artiste internazionali sulla funzione di topoi mitologici e della fabbricazione collettiva immagini di “urbanità primigenie” nei processi fondativi delle “comunità immaginate”. 
Il titolo prende infatti le mosse da Kas, un città premoderna che sarebbe esistita nel sito di Fies prima della grande frana che creò nella preistoria il biotopo delle Marocche e testimoniata dal ritrovamento di un laterizio – sulla cui “veridicità” e “autenticità” gli storici ancora dibattono – e tenuta viva da fabulazioni popolari e dalla produzione pittorica del farmacista locale Alfeno Liboni. 
Kas diventerà il punto di partenza di artiste ed artisti per articolare una serie di questioni sociopolitiche che sottendono a tali immaginari, spesso considerati innocui, ma in realtà innervati da forme di lotta critica nei confronti di architetture oppressive: archeologia e orografia speculativa come fonte di legittimazione dei nazionalismi o la loro ri-appropriazione funzionale in funzione anti-nazionalistica; violenza simbolica e materiale dei processi di fondazione nonché della loro trasmissione e riproduzione attraverso archivi materiali e visuali o attraverso nozioni egemoniche di patrimonio e eredità culturale; l’artificialità del tempo della storia e della sua tripartizione in passato, presente e futuro; l’affermatività della nozioni speculative di futurità e catastrofe; la riforma del concetto artificiale di “oggettività” e le possibilità della sua erosione. 
Come le altre due mostre della triologia, KAS avrà una durata “statica” di due mesi e sarà attivata con un ciclo di performance in occasione di Live Works Summit 2022.

A cura di Simone Frangi e Barbara Boninsegna, curatela esecutiva Maria Chemello

ore 18.00 – 24.00 | Forgia
Silvia Rosi/AIGF | Omissions
audio-video installazione

❬❬REGISTER❭❭


ph Alessandro Sala courtesy Centrale Fies
Nata nel 1992, Rosi lavora e vive tra Londra e Modena. Lavora con la fotografia, il testo e il video per esplorare le idee di memoria, migrazione e diaspora. Si è laureata al London College of Communication nel 2016 con un BA (Hons) in fotografia. Il suo lavoro è stato pubblicato da Foam e dal British Journal of Photography tra gli altri. Ha ricevuto il Jerwood/Photoworks Awards e Portrait of Britain(2020). Il suo lavoro è stato esposto in mostre tra cui il Taylor Wessing National Portrait Prize, Autograph ABP New Artist Commissions (2021) e In the Now: Gender and Nation in Europe/LACMA (2022).

dalle ore 16:00 alle ore 22.00, ogni 30’ | Orti
Selin Davasse/LW_9 | Multiplicity of Asia Minor

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Selin Davasse, performance documentation, Amnio-Fountain for Public Space Gestationality, San Marino, 2021. Courtesy of the artist and MEDITERRANEA 19 Young Artists Biennial. Photo by Andrea Glez.

Multiplicity of Asia Minor (MAM) – Day of the Ant

An intimate performance by Selin Davasse to an audience of one or two, in English or Italian.
Each 30min performance slot can be booked by a maximum of two guests at a time. 
The performance is delivered in English or Italian according to the guests’ preference.
A different performance is presented each day, coming together to form a whole, but also open to be experienced in parts.

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It’s the year 2072. A deterritorialized, indefinable and unpredictable multi-species community known as the “Multiplicity of Asia Minor (MAM)” enjoys autonomy in Asia Minor; the region formerly known in part or in whole as Türkiye, Turkey, Armenia, Kurdistan, Ottoman/Byzantine/Roman Empires…
Haunted by name-giving pseudo-heroic cismales for centuries, Asia Minor’s pre-MAM historiography in the Republican era (1927-2023) was shaped around a founding father’s 36-hour-long “Great Speech”—a performative text which never reflected reality, but in fact constructed it.
In a reparative effort, MAM offers the performative services of a public servant known as MAMMY who supplants this pretentious and paternalistic “founding father gesture” with a cooperative, hospitable and self-effacing “surrogate mother gesture” of holding and nurturing without claiming authorship or authority.
Decentering the human cismale and adapting the logic of posthuman gestationality to the social landscape of political rhetoric, MAMMY narrates and contaminates origin myths in a polyphonic, fragmentary and heterogeneous manner, in the metaphorical company of animals known for their adaptability.
Renouncing the didacticism inherent to public speech acts, MAMMY welcomes guests in groups of one or two to each experience a personal performance shaped around intra-uterine life, where communication relies on warmth, tactility and sound.
Refraining from repeating the mistakes of past Hellenizers, Romanizers, Turkifiers, MAMMY speaks with her guests in the language of their choice.

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On the Day of the Ant:
You’ll follow the umbilical cord down the stairs into Cantina and take a seat on the amniotic sac. 
As MAMMY speculates on collective behavior, agency and responsibility, you’ll slowly become aware of the spectral presence of ants building bridges across a multiplicity of terrains.
You’ll notice patterns and networks of overlapping connections that are constantly being created, without any locus of control, interaction by interaction.
No one will tell you what to do, you will never know what needs to be done globally, yet somehow you’ll still act in a way that helps the collective. Do that, and MAMMY will sing you a lullaby. 

ore 18.30 (durata 30’) | Galleria Trasformatori
Simon Asencio | The Song of the Beggar: Villion’s Good Night, The Vain Dreamer

❬❬REGISTER❭❭ SOLD OUT



Simon Asencio crea performance che mettono in discussione le nozioni di liveness, palco e pubblico. Il suo lavoro prende la forma di scenari espositivi, ephemera basata sul testo, atti segreti e situazioni di studio collettivo.
Presentazioni recenti del suo lavoro includono il Castello Ujazdowski per le arti contemporanee, a Varsavia; Immaterial – programma di performance della Material artfair, a Città del Messico; Celje Center for Contemporary Arts, in Slovenia; Jan Mot, Beursschouwburg e Bureau des Réalités, a Bruxelles; SAAL Biennaal, a Tallinn, Oslo Internasjonale Teaterfestival, a Oslo; ecc.
Attualmente è ricercatore associato presso il centro di ricerca di a-pass / advanced performance and scenography studies a Bruxelles.

ore 20.00 (durata 30’) | Sala Comando
Giulia Crispiani | Mormorìo

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Uno stormo di storni. Un mormorìo. Una congregazione. Il cielo si apre e si chiude come se fosse bottega. Si potrebbe pensare di passarci attraverso per raggiungere paesaggi lontani che possano massaggiare la membrana cerebrale e aprire un po’ di orizzonti. Ritrovarsi senza niente da fare di fronte al mare senza aspettative particolari sull’avvenire. Impostare un lavoro a mo’ di conguaglio, per tirare le somme dei vari ragguagli di tempo che abbiamo percorso. Tra tutte le cose straordinarie che ci potevano capitare. Corda, cordolo, cordoglio, condoglianze. Come se fossimo tante vite diverse dentro un corpo che invecchia col tempo, canuto – chissà se farà mai in tempo a diventarci. Non saprei che cosa consigliare, se non un certo cambio di ritmo che segua il flusso dei pensieri, come se fosse un cielo che per digressione, apre parentesi più o meno drammatiche senza mai chiuderle. Ragionando con indugia, da ferme. Sembra che il tempo si sia fermato – che anche lo spazio dello strazio si sia ristretto, come se fosse una tessuto lavato ad una temperatura troppo alta. Un dorso di un libro bruciato dal sole, dal colore sbiadito. Guardarsi di sbieco tra bassi spiragli di luce, il cielo si apre giusto in tempo per dare un tocco di oro sul giorno che muore. Forse gli stormi di storni sono anime che tornano a danzare di fronte al tramonto, nei giorni più bui dell’anno.

21.00 (durata 60’) | Turbine
Ivan Cheng/LW_9 | Wedding Day (Standard Stare)

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“I massi del fiume sgorgono come le macerie di porfido non potrebbero mai fare. Cammino nella valle da solo. Lui compensa il flirt; appende un cappotto sdraiandolo”.

Wedding Day di Ivan Cheng prosegue il progetto in corso Standard Stare, un lavoro intorno allo spazio e alle sue infrastrutture, al desiderio e alla distanza. Come nelle versioni precedenti che subivano una trasfigurazione da contesto a contesto, questa iterazione solista si sviluppa negli spazi congiunti delle due sale Turbina di Centrale Fies. Delineando – se non accogliendo – idee ereditate di completamento e appagamento, questa nuova scrittura del progetto è intervallata da canzoni esistenti, e il soggetto performante risulta immerso in una illusione di grandiosità. Standard Stare include materiali musicali di Gailė Griciūtė, Julia Reidy, Marcus Whale, e una scultura di Mire Lee.

ore 23.00 (durata 60’) | Sala Comando
Alok | Your Wound / My Garden

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YOUR WOUND / MY GARDEN


ph Celeste Sloman
Quando non elaboriamo il dolore, dove va a finire? Qual è lo scopo di essere vivi quando intorno c’è così tanta sofferenza? Cosa significa vivere e morire con dignità in un mondo che si oppone totalmente a questa? La poesia di ALOK affronta il tema del trauma, dell’appartenenza e della condizione umana ed esplora la distinzione tra essere vivi e limitarsi a esistere.

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