apap – FEMINIST FUTURES

a cura di Barbara Boninsegna e Filippo Andreatta

17-18-19 GIUGNO 2022

PER INFO E PRENOTAZIONI
+39 327 9019738 – info@centralefies.it

apap_FEMINIST FUTURES è la programmazione dedicata all’attuale progetto quadriennale di apap_advancing performing art project, la più longeva rete europea di centri e festival di arte performativa. FEMINIST FUTURES, nuovo progetto della rete, ha tra i suoi obiettivi principali quello di sperimentare pratiche volte a contrastare le disuguaglianze nelle arti performative contemporanee ispirandosi al Femminismo Intersezionale per trovare risposte strutturali concrete e sensibilizzare l’opinione pubblica. Le opere performative supportate da apap saranno affiancate dalla FEMINIST School, una serie di incontri pensati per favorire uno scambio costante di pratiche e conoscenze. 

PROGRAMMA

17 GIUGNO

ore 18:00 – 24:00 | Galleria Trasformatori
❉  KAS | Exhibit con Mohamed Abdelkarim, Simon Asencio, Miriam Cahn, Giulia Damiani e Le Nemesiache, Alessandra Ferrini, Alfeno Liboni, Belinda Kazeem-Kamiński, Vanja Smiljanić
exhibit
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ph. Giulia Damiani from Le Nemesiache’s Archive
KAS è una mostra collettiva di natura performativa che costituisce il terzo episodio di “Trilogia anti-moderna”, ciclo di esposizioni che Centrale Fies dedica da alcuni anni alla relazione tra gli oggetti e le loro attivazioni, rivalorizzando forme di sapere (affettivo, somatico, visuale) censurate o soppresse dalla modernità sesso-coloniale occidentale. 
Dopo la mostra collettiva “Storia Notturna” (2020) dedicata all’esplorazione di prassi di stregoneria perfoamativa e la bi-personale di Josefa Ntjam e Joar Nango (2021) impegnata nella decostruzione del concetto eurocentrico di genealogia e delle versioni orientalizzanti e depoliticizzate dell’idea di indigeneità, KAS riflette insieme ad un gruppo di artisti e artiste internazionali sulla funzione di topoi mitologici e della fabbricazione collettiva immagini di “urbanità primigenie” nei processi fondativi delle “comunità immaginate”. 
Il titolo prende infatti le mosse da Kas, un città premoderna che sarebbe esistita nel sito di Fies prima della grande frana che creò nella preistoria il biotopo delle Marocche e testimoniata dal ritrovamento di un laterizio – sulla cui “veridicità” e “autenticità” gli storici ancora dibattono – e tenuta viva da fabulazioni popolari e dalla produzione pittorica del farmacista locale Alfeno Liboni. 
Kas diventerà il punto di partenza di artiste ed artisti per articolare una serie di questioni sociopolitiche che sottendono a tali immaginari, spesso considerati innocui, ma in realtà innervati da forme di lotta critica nei confronti di architetture oppressive: archeologia e orografia speculativa come fonte di legittimazione dei nazionalismi o la loro ri-appropriazione funzionale in funzione anti-nazionalistica; violenza simbolica e materiale dei processi di fondazione nonché della loro trasmissione e riproduzione attraverso archivi materiali e visuali o attraverso nozioni egemoniche di patrimonio e eredità culturale; l’artificialità del tempo della storia e della sua tripartizione in passato, presente e futuro; l’affermatività della nozioni speculative di futurità e catastrofe; la riforma del concetto artificiale di “oggettività” e le possibilità della sua erosione. 
Come le altre due mostre della triologia, KAS avrà una durata “statica” di due mesi e sarà attivata con un ciclo di performance in occasione di Live Works Summit 2022.

A cura di Simone Frangi e Barbara Boninsegna, curatela esecutiva Maria Chemello

ore 18:00 – 24:00 | Forgia
Selma Selman | Viva la Vida
exhibit
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You have no idea U.S. Election Day, 2020, ©selmaselman ©Cesar Hatum
Selma Selman è nata nel 1991 nel villaggio della comunità Rom di Ružica in Bosnia ed Erzegovina. Dopo aver studiato pittura all’Accademia di Belle Arti di Banja Luka, ha completato il suo MFA in Transmedia Visual and Performing Arts presso la Syracuse University, New York. Ha esposto ampiamente in Europa e negli Stati Uniti e il suo lavoro è incluso in numerose collezioni internazionali. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti e ha preso parte al Padiglione FutuRoma alla Biennale di Venezia 2019. Selma Selman è fondatrice dell’organizzazione “Get The Heck To School”, che mira a responsabilizzare le ragazze Rom di tutto il mondo che affrontano l’ostracizzazione dalla società e dalla povertà. Nel 2021 le è stata assegnata la residenza Rijksakademie ad Amsterdam.

Supported by apap – FEMINIST FUTURES, a project co-founded by the Creative Europe Programme of the European Union.

ore 18:00 – 24:00 (durata video 16’30’’ in loop) | Terme
Harun Morrison | Welcome To Epping Forest
video
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Welcome To Epping Forest è un video diaristico realizzato nel corso di due anni, che documenta l’impatto spaziale di una camera mortuaria temporanea costruita nella primavera del 2020 in risposta alla pandemia da Covid-19. Può una parte di foresta essere una protagonista? Il lavoro è anche un ritratto di un’area di terra, di come viene utilizzata informalmente da residenti locali e di come è gestita dalle autorità comunali con diversi fini.

Supported by apap – FEMINIST FUTURES, a project co-founded by the Creative Europe Programme of the European Union.

ore 19:00 (durata 30’) | Mezzelune
Muna Mussie | Verso l’immagine
incontro con l’artista, Feminist Futures School
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ph. Monia Ben Hamouda
Sono fortemente affascinata dalla teoria fisica per cui l’uomo è per lo più composto da vuoto, un vuoto che io amo tradurre in oblio cosmico, un vuoto/pieno energetico, serbatoio brulicante di immagini in divenire.

I recenti lavori, Curva Cieca e Oblio sono strettamente correlati da un’indagine sull’immagine a partire da alcune specifiche mancanze: la lingua materna, la vista, la memoria. 
I dispositivi utilizzati per formalizzare questa indagine sono stati: in Curva Cieca una didattica sperimentale, guidata dalle parole di un non vedente, per video e scena. In Oblio un’installazione nello spazio pubblico, attivata dalla pratica del ricamo.
L’artista inizia ora un nuovo ciclo di workshop “verso l’immagine” con la finalità di una nuova creazione fóro fòro declinata per tappe e formati differenti.
La ricerca prosegue interrogando l’immagine, a partire da due prospettive divergenti: un dialogo tra vedenti e non vedenti. 
Si metteranno in atto esercizi verbali ed esercizi fisici, scambi di saperi personali e impersonali, attraversando due linguaggi differenti: il Braille – un metodo di scrittura e lettura per non vedenti e ipovedenti – e il Ricamo.
Entrambi questi linguaggi, seguono un sistema dettato da punti che imprimono o traforano una superficie, riportando alla luce un segno, una forma, un’immagine tra il visibile, invisibile e tattile.
Il processo di questa ricerca, porterà a scoprire nella pratica, cosa produce la stratificazione di questi due linguaggi.

A seguire l’installazione

Supported by apap – FEMINIST FUTURES, a project co-founded by the Creative Europe Programme of the European Union.

ore 19:30 – 24:00 | Mezzelune
Muna Mussie | Verso l’immagine
installazione
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ore 21:00 (durata 30’) | Turbina 1
Chiara Bersani | L’Animale
versione con audiodescrizione a cura di Camilla Guarino e Giuseppe Comuniello
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ph. Rebecca Lena
L’anima è come una volieria piena di uccelli. E’ un luogo in cui il movimento, i colori, lo spostamento dell’aria e le intenzioni diventano carne di ciò che è stato, di ciò che cresce, muta, si spegne, si trasforma in fantasma. Chiara Bersani si avvicina alla morte del cigno con il lavoro dal titolo l’Animale: cosa succede quando guardando la profonda notte riusciamo a riconoscerci attraverso il canto?
Giulia Traversi

Come poteva essere proprio una bestia se la musica lo afferrava a tal punto?
Franz Kafka, La Metamorfosi


Supported by apap – FEMINIST FUTURES, a project co-founded by the Creative Europe Programme of the European Union.

ore 22:30 | Turbina 2
Stina Force
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Stina Force è un gruppo punk. Stina è una coreografa, performance artist, batterista e vocalist, nata in Svezia e attualmente residente a Vienna. A volte uccide con una voce potente, a volte seduce fino allo sfinimento. I suoi ululati non sono parole nude; sono fusi con sputi e fluidi, con una certa umidità. Martella la batteria e usa una vasta gamma di voci per sperimentare e improvvisare un concerto che non è mai lo stesso. Il gioco tra stabiltà e instabilità genera una forza elettrizzante e nervosa. 

PRENOTA GLI EVENTI GRATUITI DEL PUBLIC PROGRAM

18 GIUGNO

ore 18:00 – 24:00 | Galleria Trasformatori
KAS | Exhibit con Mohamed Abdelkarim, Simon Asencio, Miriam Cahn, Giulia Damiani e Le Nemesiache, Alessandra Ferrini, Alfeno Liboni, Belinda Kazeem-Kamiński, Vanja Smiljanić
exhibit
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ph. Giulia Damiani from Le Nemesiache’s Archive
KAS è una mostra collettiva di natura performativa che costituisce il terzo episodio di “Trilogia anti-moderna”, ciclo di esposizioni che Centrale Fies dedica da alcuni anni alla relazione tra gli oggetti e le loro attivazioni, rivalorizzando forme di sapere (affettivo, somatico, visuale) censurate o soppresse dalla modernità sesso-coloniale occidentale. 
Dopo la mostra collettiva “Storia Notturna” (2020) dedicata all’esplorazione di prassi di stregoneria perfoamativa e la bi-personale di Josefa Ntjam e Joar Nango (2021) impegnata nella decostruzione del concetto eurocentrico di genealogia e delle versioni orientalizzanti e depoliticizzate dell’idea di indigeneità, KAS riflette insieme ad un gruppo di artisti e artiste internazionali sulla funzione di topoi mitologici e della fabbricazione collettiva immagini di “urbanità primigenie” nei processi fondativi delle “comunità immaginate”. 
Il titolo prende infatti le mosse da Kas, un città premoderna che sarebbe esistita nel sito di Fies prima della grande frana che creò nella preistoria il biotopo delle Marocche e testimoniata dal ritrovamento di un laterizio – sulla cui “veridicità” e “autenticità” gli storici ancora dibattono – e tenuta viva da fabulazioni popolari e dalla produzione pittorica del farmacista locale Alfeno Liboni. 
Kas diventerà il punto di partenza di artiste ed artisti per articolare una serie di questioni sociopolitiche che sottendono a tali immaginari, spesso considerati innocui, ma in realtà innervati da forme di lotta critica nei confronti di architetture oppressive: archeologia e orografia speculativa come fonte di legittimazione dei nazionalismi o la loro ri-appropriazione funzionale in funzione anti-nazionalistica; violenza simbolica e materiale dei processi di fondazione nonché della loro trasmissione e riproduzione attraverso archivi materiali e visuali o attraverso nozioni egemoniche di patrimonio e eredità culturale; l’artificialità del tempo della storia e della sua tripartizione in passato, presente e futuro; l’affermatività della nozioni speculative di futurità e catastrofe; la riforma del concetto artificiale di “oggettività” e le possibilità della sua erosione. 
Come le altre due mostre della triologia, KAS avrà una durata “statica” di due mesi e sarà attivata con un ciclo di performance in occasione di Live Works Summit 2022.

A cura di Simone Frangi e Barbara Boninsegna, curatela esecutiva Maria Chemello

ore 18:00 – 24:00 | Forgia
Selma Selman | Viva la Vida
exhibit
❬❬REGISTER❭❭


You have no idea U.S. Election Day, 2020, ©selmaselman ©Cesar Hatum
Selma Selman è nata nel 1991 nel villaggio della comunità Rom di Ružica in Bosnia ed Erzegovina. Dopo aver studiato pittura all’Accademia di Belle Arti di Banja Luka, ha completato il suo MFA in Transmedia Visual and Performing Arts presso la Syracuse University, New York. Ha esposto ampiamente in Europa e negli Stati Uniti e il suo lavoro è incluso in numerose collezioni internazionali. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti e ha preso parte al Padiglione FutuRoma alla Biennale di Venezia 2019. Selma Selman è fondatrice dell’organizzazione “Get The Heck To School”, che mira a responsabilizzare le ragazze Rom di tutto il mondo che affrontano l’ostracizzazione dalla società e dalla povertà. Nel 2021 le è stata assegnata la residenza Rijksakademie ad Amsterdam.

Supported by apap – FEMINIST FUTURES, a project co-founded by the Creative Europe Programme of the European Union.

ore 18:00 – 24:00 | Mezzelune
Muna Mussie | Verso l’immagine
installazione
❬❬REGISTER❭❭


ph. Monia Ben Hamouda
Sono fortemente affascinata dalla teoria fisica per cui l’uomo è per lo più composto da vuoto, un vuoto che io amo tradurre in oblio cosmico, un vuoto/pieno energetico, serbatoio brulicante di immagini in divenire.

I recenti lavori, Curva Cieca e Oblio sono strettamente correlati da un’indagine sull’immagine a partire da alcune specifiche mancanze: la lingua materna, la vista, la memoria. 
I dispositivi utilizzati per formalizzare questa indagine sono stati: in Curva Cieca una didattica sperimentale, guidata dalle parole di un non vedente, per video e scena. In Oblio un’installazione nello spazio pubblico, attivata dalla pratica del ricamo.
L’artista inizia ora un nuovo ciclo di workshop “verso l’immagine” con la finalità di una nuova creazione fóro fòro declinata per tappe e formati differenti.
La ricerca prosegue interrogando l’immagine, a partire da due prospettive divergenti: un dialogo tra vedenti e non vedenti. 
Si metteranno in atto esercizi verbali ed esercizi fisici, scambi di saperi personali e impersonali, attraversando due linguaggi differenti: il Braille – un metodo di scrittura e lettura per non vedenti e ipovedenti – e il Ricamo.
Entrambi questi linguaggi, seguono un sistema dettato da punti che imprimono o traforano una superficie, riportando alla luce un segno, una forma, un’immagine tra il visibile, invisibile e tattile.
Il processo di questa ricerca, porterà a scoprire nella pratica, cosa produce la stratificazione di questi due linguaggi.


Supported by apap – FEMINIST FUTURES, a project co-founded by the Creative Europe Programme of the European Union.

ore 18:00 – 24:00 (durata video 16’30’’ in loop) | Terme
Harun Morrison | Welcome To Epping Forest
video
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Welcome To Epping Forest è un video diaristico realizzato nel corso di due anni, che documenta l’impatto spaziale di una camera mortuaria temporanea costruita nella primavera del 2020 in risposta alla pandemia da Covid-19. Può una parte di foresta essere una protagonista? Il lavoro è anche un ritratto di un’area di terra, di come viene utilizzata informalmente da residenti locali e di come è gestita dalle autorità comunali con diversi fini.

Supported by apap – FEMINIST FUTURES, a project co-founded by the Creative Europe Programme of the European Union.

ore 18:00 (durata 90’) | Parco
Harun Morrison | Fictions in Garden
workshop Feminist Futures School 
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Il punto di partenza per questo workshop è un database sviluppato dall’artista Harun Morrison che raccoglie descrizioni di giardini nella narrativa (romanzi, storie, canzoni ecc.) di ere e geografie diverse. Ad oggi questo include estratti da Mena Kasmiri Abdullah, Isabella Allende e Italo Calvino. Il workshop invita lə partecipanti a leggere collettivamente alcune sezioni dal database come punto di partenza per generare narrativa breve ambientata nel giardino di Centrale Fies, curato dal loro giardiniere Cleto.

ore 18:00 (durata 90’) | Parco
Angela YT Chan | Unfinished histories: climate change framings
workshop – Feminist Futures School
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I cambiamenti climatici e ambientali stanno accelerando la crisi delle risorse globali. La scarsità di risorse è plasmata dalle strutture di potere squilibrate che governano l’estrattivismo in un ciclo di distribuzioni materiali ed economiche inique. Queste sono incorniciate da narrazioni politicizzate che allineano il cambiamento climatico come ulteriore giustificazione per ulteriori competizioni e conflitti per le risorse, che hanno un impatto maggiore sul clima e sulle popolazioni socialmente vulnerabili. 
Riconoscendo che le eredità coloniali del cambiamento climatico sono storie incompiute, Angela YT Chan invita i partecipanti al giardino per una sessione che esplora come queste sono continuate, con un’attenzione particolare alle narrazioni pubbliche di oggi sulle questioni del clima e delle risorse.

ore 21:00 (durata 30’) | Turbina 1
Chiara Bersani | L’Animale
versione con audiodescrizione a cura di Camilla Guarino e Giuseppe Comuniello
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ph. Rebecca Lena
L’anima è come una volieria piena di uccelli. E’ un luogo in cui il movimento, i colori, lo spostamento dell’aria e le intenzioni diventano carne di ciò che è stato, di ciò che cresce, muta, si spegne, si trasforma in fantasma. Chiara Bersani si avvicina alla morte del cigno con il lavoro dal titolo l’Animale: cosa succede quando guardando la profonda notte riusciamo a riconoscerci attraverso il canto?
Giulia Traversi

Come poteva essere proprio una bestia se la musica lo afferrava a tal punto?
Franz Kafka, La Metamorfosi


Supported by apap – FEMINIST FUTURES, a project co-founded by the Creative Europe Programme of the European Union.

ore 22:00 (durata 60’) | Sala Comando
Silvia Calderoni / Ilenia Caleo | The present is not enough (primo baluginìo)
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ho visto un documentario su un polpo. breve. degli anni sessanta. la voce parlava
francese, capito poco, nulla direi. ma aveva un andamento terrorifico, da horror.
sussultavo ad ogni attacco di frase. il polpo aveva la granulosità metallica della pellicola
in technicolor. per via della voce narrante, e anche della sonorizzazione, sembrava un
assassino. si muoveva, pericoloso, sui fondali, tentacolare. vischioso. ma del resto era un
polpo, faceva il suo lavoro. chissà, se era sempre lo stesso polpo. me lo chiedo spesso,
quando guardo i documentari. se il polpo di cui seguiamo le vicende, la leonessa
acquattata, il coleottero melolontha siano sempre lo stesso polpo la stessa leonessa lo
stesso coleottero. o non siano individui diversi, ripresi in momenti e magari anche in
luoghi diversi. sarei in grado di distinguerli l’uno dall’altro? e che cos’è, che sappiamo
distinguere con certezza?


Uno stato di eccitazione senza nome che carica l’ambiente, / che diventa uno
struggimento, / che sprofonda nel buio della notte, una notte tumultuosa, un’intimità
tra sconosciuti, / e i denti marci, Wojnarowicz che si vuole suicidare, il buco di eroina /
e ancor tuttx nel tremore nel sole, / poi l’imprevisto, qualcosa di repentino / il baluginio
dell’acqua, del fiume, che ci fa intravedere, solo per un attimo / e c’è anche la possibilità
della paura, con il suo rischio e la sua adrenalina / chiudere gli occhi, diventare solx / e
poi ritrovarsi nel mucchio, in un tutto pieno della massa dei corpi / quella gioia
estenuante. I disturbi della memoria, la memoria può essere solo disturbata – proprio le
interferenze, i buchi. La solitudine, ma forse al plurale: le solitudini – molto spazio vuoto
attorno a un corpo. Un’estetica del collasso, l’outdoor privo di regole. I battuage.
Scriviamo di un’utopia dei corpi di cui non abbiamo esperienza – a cui (noi) non abbiamo
accesso. Di un desiderio struggente di essere moltx, di un baluginìo di futuri possibili,
tutti mescolati, aggrumati insieme.
D.W. in un suo lavoro cuce insieme due pezzi di pane raffermo, con un filo rosso. Per
rifare l’intero, impossibile – l’intero manca. Per fermare la vita, dilazionare la morte.
O forse potremmo buttare tutto alle ortiche. Sono fortunate le ortiche. Hanno tante idee
scartate di cui nutrirsi.

ore 23:30 (durata 180’) | Parco
BABA ELECTRONICA | catch me if you can / intuition in action
DJ set



Daniela Bershan aka Baba Electronica pratica il DJ come ingegnere e custode, qualcuno che gestisce con cura le macchine, le persone, le emozioni, le economie e le ecologie affidate al suo essere. Collegata ad antiche pratiche (femminili) di stregoneria, rituali, guarigione e impegno nello studio e nella cura collettivi, vede il djing come uno strumento per costruire muscoli e corpi (di pensiero, movimento, esperienza e carne) che siano resilienti, gioiosi e forti. In questo senso, il DJing è un impegno a comprendere come le informazioni vengono trasferite, come il potere opera attraverso i corpi in ogni momento; la festa, la pista da ballo è un modo per osservare e comprendere i corpi in movimento, in transizione. Questi sono gli spazi in cui Baba inizia a ricevere – #DJsarelisteners. Con un costante spostamento di generi, espressioni e forme – che vanno dal Baile Funk, alla Techno, all’Hip Hop, al Kuduru, al Kwaito, alla Trap/Soul – Baba Electronica incanala inaspettati e abbondanti arcobaleni di celebrazione collettiva.
www.soundcloud.com/baba-electronica

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19 GIUGNO

ore 17:00 (durata 90’) | Parco
Harun Morrison | Fictions in Garden
workshop – Feminist Futures School 
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Il punto di partenza per questo workshop è un database sviluppato dall’artista Harun Morrison che raccoglie descrizioni di giardini nella narrativa (romanzi, storie, canzoni ecc.) di ere e geografie diverse. Ad oggi questo include estratti da Mena Kasmiri Abdullah, Isabella Allende e Italo Calvino. Il workshop invita lə partecipanti a leggere collettivamente alcune sezioni dal database come punto di partenza per generare narrativa breve ambientata nel giardino di Centrale Fies, curato dal loro giardiniere Cleto.

ore 17:00 (durata 60’) | Parco
Florinda Saieva/Farm Cultural Park | Farm Cultural Park
workshop – Feminist Futures School 
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FARM CULTURAL PARK (di seguito FCP) è un’associazione culturale senza scopo di lucro. Inaugurato nel giugno 2010 per volere di due professionisti, Andrea Bartoli e Florinda Saieva. FCP ha ridisegnato negli anni il volto di Favara, la cittadina in cui sorge, trasformandola in attrattore di energie e talenti, dove i giovani restano per provare a creare un futuro possibile. Oltre a essere un ambizioso progetto di rigenerazione urbana, il centro è diventato punto di partenza per il cambiamento socio-culturale, scegliendo l’arte e la cultura per rigenerare la città a partire dal quartiere dei Sette Cortili, una zona del centro storico di Favara che era a rischio demolizione nel periodo in cui è nato FCP.
Nel corso degli anni FCP ha consolidato importanti rapporti internazionali che hanno portato alla realizzazione di una solida rete di collaborazioni con le più importanti Università Italiane e straniere, con cui sono state attivate diverse collaborazioni che hanno poi portato all’organizzazione di diversi eventi culturali.
FCP è riconosciuto come fenomeno da studiare, di particolare rilevanza nell’ambito della rigenerazione urbana e della gestione di spazi pubblici e privati abbandonati, motivo per cui è stata invitata per ben tre volte a partecipare alla Biennale di Architettura di Venezia all’interno del Padiglione Italia, curando anche uno dei due Padiglioni esterni della Biennale di Venezia a Cura di Alessandro Melis. 
La mission di FCP è quella di attivare politiche sociali e culturali di significativo cambiamento e riscatto della comunità locale e dei giovani, attraverso lo scambio culturale con artisti, creativi, architetti, giornalisti e visitatori di tutto il mondo.

ore 17.00 (durata 60’) | Parco
OHT / Silvia Costa | Frankenstein / reading session
reading session – Feminist Futures School
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Per la prima volta OHT si confronta con un classico della letteratura occidentale; Frankenstein o il moderno Prometeo, intercettando la storia di Shelley nel momento in cui Frankenstein e la creatura si trovano sul monte Bianco, in quei territori alpini prossimi alle sue linee di ricerca.
Pubblicato subito dopo l’eruzione vulcanica più potente mai registrata dall’uomo, Frankenstein non è solo un’icona letteraria ma, innanzitutto, una reazione all’anomalia climatica provocata dal vulcano Tambora in Indonesia. Secondo i climatologi l’eruzione provocò l’Anno-Senza-Estate; un periodo distopico in cui la nebbia sulfurea offuscò la stratosfera e abbassò le temperature provocando violenti e continui temporali con notevoli danni all’agricoltura e conseguenti carestie. In quell’atmosfera Mary Shelley scrisse Frankenstein, mito in cui i paesaggi esteriori si confondono con quelli interiori: gli strapiombi del monte Bianco diventano vertigini intime e personali nell’incontro fra il mostro e il suo creatore e mentre il demone impara ad abitare paesaggi impervi, Victor Frankenstein non sembra più in controllo di ciò che lo circonda. La radicalità del lavoro di Shelley si materializza così nell’emancipazione della creatura. Inaspettatamente, Frankenstein si rivela come un veemente e contemporaneo romanzo di formazione [Bildungsroman].
Incastrato dai limiti della tassonomia culturale, l’interpretazione di Frankenstein [che è in realtà il creatore e non la creatura come si tende a credere] ha sempre prevalso su quella del mostro anche se il cuore, emotivo-neurologico-e-letterario del libro, sta nell’apprendimento da parte della creatura di se stesso, del linguaggio e del mondo. È da questo scarto, da questa esclusione, che nasce il lavoro di OHT; per la prima volta è il mostro a parlare, e prende la parola non come escluso ma come artefice del nostro immaginario. 
A partire dal libro come generatore di una rete di relazioni, il workshop prenderà la forma di un reading collettivo. Operando affondi nel testo o scarti da esso e seguendo le linee di ricerca drammaturgica individuate da OHT, la lettura collettiva sperimenterà la creazione di spazi di circolazione di pensieri, permettendo l’emersione e la condivisione di parte del materiale di ricerca che solitamente resta sepolto.

ore 18:00 – 24:00 | Galleria Trasformatori
KAS | Exhibit con Mohamed Abdelkarim, Simon Asencio, Miriam Cahn, Giulia Damiani e Le Nemesiache, Alessandra Ferrini, Alfeno Liboni, Belinda Kazeem-Kamiński, Vanja Smiljanić
exhibit
❬❬REGISTER❭❭


ph. Giulia Damiani from Le Nemesiache’s Archive
KAS è una mostra collettiva di natura performativa che costituisce il terzo episodio di “Trilogia anti-moderna”, ciclo di esposizioni che Centrale Fies dedica da alcuni anni alla relazione tra gli oggetti e le loro attivazioni, rivalorizzando forme di sapere (affettivo, somatico, visuale) censurate o soppresse dalla modernità sesso-coloniale occidentale. 
Dopo la mostra collettiva “Storia Notturna” (2020) dedicata all’esplorazione di prassi di stregoneria perfoamativa e la bi-personale di Josefa Ntjam e Joar Nango (2021) impegnata nella decostruzione del concetto eurocentrico di genealogia e delle versioni orientalizzanti e depoliticizzate dell’idea di indigeneità, KAS riflette insieme ad un gruppo di artisti e artiste internazionali sulla funzione di topoi mitologici e della fabbricazione collettiva immagini di “urbanità primigenie” nei processi fondativi delle “comunità immaginate”. 
Il titolo prende infatti le mosse da Kas, un città premoderna che sarebbe esistita nel sito di Fies prima della grande frana che creò nella preistoria il biotopo delle Marocche e testimoniata dal ritrovamento di un laterizio – sulla cui “veridicità” e “autenticità” gli storici ancora dibattono – e tenuta viva da fabulazioni popolari e dalla produzione pittorica del farmacista locale Alfeno Liboni. 
Kas diventerà il punto di partenza di artiste ed artisti per articolare una serie di questioni sociopolitiche che sottendono a tali immaginari, spesso considerati innocui, ma in realtà innervati da forme di lotta critica nei confronti di architetture oppressive: archeologia e orografia speculativa come fonte di legittimazione dei nazionalismi o la loro ri-appropriazione funzionale in funzione anti-nazionalistica; violenza simbolica e materiale dei processi di fondazione nonché della loro trasmissione e riproduzione attraverso archivi materiali e visuali o attraverso nozioni egemoniche di patrimonio e eredità culturale; l’artificialità del tempo della storia e della sua tripartizione in passato, presente e futuro; l’affermatività della nozioni speculative di futurità e catastrofe; la riforma del concetto artificiale di “oggettività” e le possibilità della sua erosione. 
Come le altre due mostre della triologia, KAS avrà una durata “statica” di due mesi e sarà attivata con un ciclo di performance in occasione di Live Works Summit 2022.

A cura di Simone Frangi e Barbara Boninsegna, curatela esecutiva Maria Chemello

ore 17:00 – 24:00 | Forgia
Selma Selman | Viva la Vida
exhibit
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You have no idea U.S. Election Day, 2020, ©selmaselman ©Cesar Hatum
Selma Selman è nata nel 1991 nel villaggio della comunità Rom di Ružica in Bosnia ed Erzegovina. Dopo aver studiato pittura all’Accademia di Belle Arti di Banja Luka, ha completato il suo MFA in Transmedia Visual and Performing Arts presso la Syracuse University, New York. Ha esposto ampiamente in Europa e negli Stati Uniti e il suo lavoro è incluso in numerose collezioni internazionali. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti e ha preso parte al Padiglione FutuRoma alla Biennale di Venezia 2019. Selma Selman è fondatrice dell’organizzazione “Get The Heck To School”, che mira a responsabilizzare le ragazze Rom di tutto il mondo che affrontano l’ostracizzazione dalla società e dalla povertà. Nel 2021 le è stata assegnata la residenza Rijksakademie ad Amsterdam.

Supported by apap – FEMINIST FUTURES, a project co-founded by the Creative Europe Programme of the European Union.

ore 18:00 – 24:00 (durata video 16’30’’ in loop) | Terme
Harun Morrison | Welcome To Epping Forest
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Welcome To Epping Forest è un video diaristico realizzato nel corso di due anni, che documenta l’impatto spaziale di una camera mortuaria temporanea costruita nella primavera del 2020 in risposta alla pandemia da Covid-19. Può una parte di foresta essere una protagonista? Il lavoro è anche un ritratto di un’area di terra, di come viene utilizzata informalmente da residenti locali e di come è gestita dalle autorità comunali con diversi fini.

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ore 20.30 (durata 75’) | Turbina 2
buren | SPARE TIME WORK
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Can you spend spare time? When is one a big spender? How do you spend spare time?
How do you spend your spare time? Do you like to play? Sports? Do you work? Out? Do
you go to the gym? I’m pretty sure I saw you there…



In SPARE TIME WORK buren si avvicina musicalmente a pensieri e idee rispetto alle diverse forme di lavoro e di svago. Esplorano le classi e la crescita sociale con l’aiuto di personaggi come Adult Hood e Young, Cleaner, Grown Woman e Office Worker. Immersi in diverse sfere, indagano una varietà di relazioni, di rapporti (di potere), desideri economici e realtà sociali. Il tutto circondato dalle voci interne ed esterne; voci di storie (personali), radio, internet e televisione. In che modo il “nostro giorno e la nostra epoca” ci dicono cosa essere, dove stare e cosa fare? Chi porta i dogmi, i codici, le leggi i regolamenti in ambito lavorativo?
buren è il collettivo di Oshin Albrecht e Melissa Mabesoone. Con il loro lavoro incanalano realtà umoristiche, immaginative e critiche con una forte spinta visiva e musicale. Attraverso performance, video,
Testi, oggetti, canzoni, fotografia e installazioni, navigano tra le idee di comunità, domesticità, genere, storia (dell’arte) e neoliberismo, e fantasie neoliberali. Per loro il palcoscenico è un campo di gioco critico, una superficie su cui (ri)giocare continuamente.

 

Supported by apap – FEMINIST FUTURES, a project co-founded by the Creative Europe Programme of the European Union.

ore 22.00 (durata 40’) | Mezzelune
Muna Mussie | Curva Cieca
versione con audiodescrizione a cura di Camilla Guarino e Giuseppe Comuniello
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ph. Claudia Pajewski
Il soggetto è sempre situato nel mondo e la sua situazione è il suo corpo. 
Io sono Soggetto per me e Oggetto per gli altri. 
Se chiudo gli occhi e cerco di definire la mia immagine, cosa vedo? 
Uno specchio cieco, una mancanza. 
Nessuno è padrone della propria immagine poiché questa implica una co-relazione. 
Ciò che è immediato – il mio corpo, la mia immagine – è distante da me. 

Curva Cieca indaga questa mancanza. Fulcro della performance è la scoperta della lingua materna di Muna Mussie, nella forma di un dialogo con Filmon Yemane, ragazzo eritreo, non vedente dall’età di dodici anni. Parole, segni e fluttuazioni di senso si compongono intorno alla voce di Filmon, pista sonora per l’ascolto di lezioni di lingua tigrigna con l’ausilio di immagini provenienti da un vecchio abbecedario. Curva Cieca è un dispositivo meta-didattico che usa la forma didascalica per instaurare un paesaggio intimo. La narrazione biografica porta a riflessioni filosofiche e irrora la presenza: un corpo ligio tenta di aderire a un’immagine costantemente sfuggente.

Supported by apap – FEMINIST FUTURES, a project co-founded by the Creative Europe Programme of the European Union.

ore 23:30 (durata 50’) | Cortile Forgia
Niko G. x Kali  |  TechnoWitches
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ph. Andreea Campeanu
Tehno-Vrăjitoarele è un album futuristico, con un concept SF, che porta alla ribalta le vulnerabilità, le emozioni e le storie di vita di alcune donne ma con testi allegri e liberatori. Sebbene il processo di elaborazione di questo album sia iniziato con il desiderio di condividere la visione del futuro da parte delle artiste, il concetto di Roma Futurism è diventato un veicolo creativo in grado di trasportarle in mondi immaginari liberi dall’oppressione.
Ogni brano ha una storia. L’album parla di cosmonauti rom nello spazio e preannuncia un’era gloriosa governata da stregoni tecnologici: il Romacen, l’era in cui i rom inventano e controllano la tecnologia del futuro che hanno trasformato in un’imbarcazione. Allo stesso tempo, è un album molto personale che parla d’amore, della lotta delle donne rom, delle loro passioni, dei loro vizi e, naturalmente, di nemici e alleati.
Le canzoni dell’album evocano figure rivoluzionarie – tra cui l’attrice e attivista rom Katarina Taikon – o semplicemente celebrano l’identità delle artiste: quella delle donne rom che si sentono bene nel proprio corpo e nella propria mente.

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