BINTA DIAW
a cura Barbara Boninsegna e Francesca Pennini/CollettivO CineticO
Vincitrice del premio
Pujade-Lauraine
https://prixpujadelauraine.com/it
“The land of Our Birth is a Woman” è la seconda mostra dell’artista Binta Diaw in Trentino Alto-Adige.
La mostra nasce da un unico denominatore comune: il corpo nero, il corpo stesso dell’artista in relazione al tempo e allo spazio che la circondano.
La mostra, intesa come percorso sensoriale, inizia con una proiezione monumentale di Essere Corpo, video performance che apre ad un’esperienza organica e di consapevolezza fisica, a stretto contatto con la terra. Il percorso continua con Black Powerless II, un’ installazione di pugni delicati, in silicone. Pugni di dieci persone nere, ognuna con la propria esperienza riguardo la propria nerezza. I dieci pugni, posizionati al contrario, esternano la persistenza di un potere sbilanciato in un’Italia in cui si pensa ancora al nero e al bianco in termini di separazione e marginalizzazione. Queste presenze fisiche, anatomiche si relazionano ad altri due lavori, due fotografie della serie Paysage Corporel e ad un telo fluttuante. Le prime, mostrano segni pigmentati sulla pelle di un corpo che allude idealmente a dei paesaggi infiniti, di resistenza e di memorie. Il secondo, il patchwork di tessuti, realizzato in una dimensione collettiva, racconta la vita e l’esperienza di sette donne con alle spalle un’esperienza migratoria, durante una pratica collettiva pensata dall’artista per la residenza presso Lungomare di Bolzano.
Essere Corpo – video
Il video è un’esplorazione corporea delle capacità sensoriali del corpo riguardo alla realtà patriarcale e capitalista che ci allontana dal nostro stato naturale – essere umani.
I corpi sono la traccia vivente delle nostre oppressioni, delle nostre esperienze e delle nostre azioni.
L’artificialità contemporanea che ci tiene separati e ci fa dimenticare chi siamo mi ha portato a pensare e a realizzare questo video. Con il mio corpo, i miei movimenti e i miei passi, ritorno alle origini primordiali. Origini che sono inscritte nei nostri corpi come la terra è inscritta in noi.
Il corpo danza con la terra. Questa danza è una coreografia sensibile che cerca di ricostruire e mantenere la continuità di questa relazione indelebile tra gli esseri umani e la natura.
Essendo una donna nera, sento anche il bisogno di riflettere su come la società occidentale, patriarcale e capitalista ha sempre razzializzato le donne e la natura sullo stesso piano.
Questa danza di liberazione e conoscenza mira a mostrare come la natura possa essere vista come un bene comune con radici antiche.
Il bianco e nero è una scelta visiva che aiuta il pubblico a concentrarsi sul movimento.
Black Powerless II – installazione
“Il nero non può mai diventare bianco, ma un bianco può sempre esercitare un potere costante sul nero.”
Black Powerless è un’installazione che esplora questioni identitarie, come la nerezza (blackness) e l’italianità degli afro-italiani nel contesto italiano sociale, politico e contemporaneo. Quando parlo di afro-italiani, mi riferisco a gran parte della “seconda generazione”: i figli della prima ondata di migranti nati e cresciuti in Italia.
Ogni giovane, nato o cresciuto in Italia da genitori stranieri, deve aspettare 18 anni per richiedere la cittadinanza. Black Powerless II è, quindi, un insieme di pugni posizionati come il famosissimo simbolo politico nato nei primi anni ’60: il black power. Questi black powerless sono posizionati al contrario e si chiamano Black Powerless II: ovvero pugni senza potere. Con questo simbolo e queste parti di corpo appese, voglio rappresentare la crescente alleanza demografica e corporea degli afrodiscendenti italiani resi invisibili dalla nazione.
Da qui la scelta di utilizzare il silicone, un materiale umido in contrasto con la consistente violenza esercitata in Italia.
Paysages Corporels
Gli elementi naturali ritornano anche nelle opere “Paysages Corporels I.III e XIII”, in cui ho fotografato diverse parti del mio corpo.
Le foto sono state rielaborate con l’uso del gesso, tracciando sulla superficie fotografica; tracce di colori che trasformano le linee e le forme del corpo in viaggi, percorsi e paesaggi armoniosi e idealmente infiniti. Queste tracce sono il risultato di un processo di interrogazione, di continua ricerca dell’anima legata al movimento ciclico della donna, della natura e dell’arte.
The Land of Our Birth is a Woman – patchwork collettivo
La prima pratica collettiva ideata durante la residenza d’artista a Lungomare (Bolzano), intitolata “The Land of Our Birth Is a Woman”, si è presentata come uno spazio di cura, trasmissione e ascolto per le donne con un background migratorio residenti in diverse città dell’Alto Adige.
L’incontro ha previsto la stesura e la realizzazione di un patchwork collettivo cucito a più mani.
Perché un patchwork?
I tessuti e il cucito sono elementi vitali e culturali che uniscono molte comunità in tutto il mondo. Il cucito è una pratica tradizionale di trasmissione che spesso coinvolge le donne. Il simbolismo che si cela dietro l’unione di diversi pezzi di tessuto, uno con l’altro, è alla base della prima pratica collettiva, che unisce donne provenienti da comunità diverse e invisibilizzate.
“Ho voluto creare un momento di sensibilizzazione e di discussione sulla figura del corpo delle donne emarginate, de-costruendo le molteplici rappresentazioni stereotipate che sostengono certe linee di pensiero”.
Tra i vari obiettivi di questa pratica, vediamo la “sensibilizzazione” e la “messa in discussione” della percezione e delle molteplici rappresentazioni stereotipate, patriarcali ed eurocentriche del corpo delle donne.