ore 18:00 | Opening – Galleria Trasformatori
The Naked Word | Exhibition con Marco Giordano, Jota Mombaça, Tarek Lakhrissi, Florin Flueras, Alina Popa a cura di Simone Frangi e Barbara Boninsegna
The Naked Word prende il titolo dal saggio The naked word: The trans-corporeal ethics of the protesting body scritto nel 2010 dalla teorica femminista materialista Stacy Alaimo, nel tentativo di comprendere, incrociando prospettive post-umane e performance studies, in che modo il “corpo nudo” funzioni nell’ambito di eventi di protesta legati alla giustizia ambientale, al diritto alla salute e alle politiche queer.
Per Alaimo, la nudità del corpo umano esposto in protesta è leggibile come “una performance etica della vulnerabilità – la vulnerabilità alleata e reciproca di uomo/animale/ambiente”: è infatti in questo senso che Alaimo riprende nel saggio il termine “trans-corporeità”, che lei stessa creò per enfatizzare la correlazione dei corpi umani non solo tra loro, ma anche con creature non umane e con altri paesaggi fisici. L’umano è dunque, nel suo linguaggio nudo, un materiale carnale come (e legato, se non in debito con) molte altre carni. In questo spazio di riflessione etico-politica, artiste ed artisti internazionali incrociano i propri sguardi, riformulando l’idea di interdipendenza carnale e le possibilità di protesta e insurrezione tras-corporea.
PERFORMED EXHIBITION PROGRAM
ore/h 18.30
Jota Mombaça – sinking could be
Galleria Trasformatori – 45′
sinking could be prosegue un ciclo di recenti progetti installativi in cui Mombaça lavora con un assemblaggio di materiali, tra cui luce blu, suono e tessuti di cotone, per comunicare “una pratica di percezione degli elementi”. Questa pratica si muove con – e attraverso – i corpi d’acqua: dalla laguna veneziana all’arcipelago del Mar Baltico di Stoccolma fino ai canali di Amsterdam. Per sinking could be, Mombaça estende questa indagine materiale alla linea costiera e alla fluidità della sabbia, evocando la presenza del lago Sloterplas, minato al fine di estrarre la sabbia necessaria alla costruzione delle Western Garden Cities di Amsterdam. Una duna conserva memoria dell’oceano? La sabbia ricorda l’abbraccio dell’acqua? Sommerse tra le dune di sinking could be, emergono sculture in metallo tagliate dalla pressione dell’acqua seguendo le linee disegnate dall’artista, e successivamente avvolte in tessuti di cotone. Le sculture sono state immerse nel canale adiacente alla Rijksakademie di Amsterdam per la durata di due settimane.
sinking could be continues a cycle of recent installation projects in which Mombaça works with an assembly of materials including blue light, sound, and cotton textiles to inform ‘a practice of elemental sensing.’ This practice moves with, and across, bodies of water, from the Venetian lagoon to Stockholm’s Baltic Sea archipelago and most recently, Amsterdam’s canals. For sinking could be, Mombaça extends this material enquiry to the shoreline and the fluidity of sand, evoking the presence of the Sloterplas lake, mined for sand to build Amsterdam’s Western Garden Cities. Does a dune remember the ocean; does sand recall water’s embrace? Submerged within the dunes of sinking could be are a group of metal sculptures, cut by pressurized water to the lines of the artist’s drawings and wrapped with cotton textiles. For a period of two weeks, the sculptures are submerged in the canal next to the Rijksakademie, Amsterdam, where Mombaça is currently in residence.
Jota Mombaça is an interdisciplinary artist whose work unfolds in a variety of mediums. The sonic and visual matter of words plays an important role in their practice, which often relates to anti-colonial critique and gender disobedience. Their work has been presented in several institutional frameworks, such as the 32nd and 34th São Paulo Biennale (2016 and 2020/2021), the 22nd Sydney Biennale (2020), the 10th Berlin Biennale (2018), and the 46th Salon Nacional de Artistas in Colombia (2019). Currently, they have been interested in researching elemental forms of sensing, anti-colonial imagination, and the relation between opacity and self-preservation in the experience of racialized trans artists in the Global Art World.
show lessore/h 19:30
Florin Flueras – Collapse Yoga
Galleria Trasformatori – 30′
Collapse Yoga mescola lo Yoga con stati considerati “negativi” come tristezza, malattia, ansia, disperazione, preoccupazione, rinuncia, esaurimento, lutto, noia, decrepitezza, dolore, fallimento, paura e con le tracce che questi lasciano nel corpo. Gli obiettivi dello Yoga quali coordinazione, equilibrio, forza, linearità, flessibilità, allineamento, controllo, entrano in collisione con i alcuni reconditi desideri corporei quali asimmetria, scoordinazione, debolezza, rilassamento, libertà, squilibrio, abbandono, collasso. Questa mescolanza Influisce sulla normatività della forma umana. Il Collapse Yoga viene talvolta praticato accanto a edifici e monumenti intimidatori, in spazi pubblici carichi di significati, associati a rigidità culturali, etiche dannose o politiche negative. Può metterci in sintonia con ambienti naturali, sociali e personali in collasso influenzando, forse, alcuni di essi. Il rapporto che abbiamo con il nostro corpo tende a estendersi alla realtà circostante: c’è corrispondenza e reciproca influenza tra la politica del corpo e i problemi della società.
Florin Flueras (1978, Romania) considera la sua pratica recente come affect art. Il suo lavoro tocca gli ambiti della politica, della filosofia, della spiritualità, della sanità, dei media, dell’educazione, della letteratura, provando a intaccarne certezze e convenzioni. Ha collaborato con Alina Popa per creare ambienti artistici alternativi (Artworlds: Unsorcery, Clinica, Black Hyperbox), e con Ion Dumitrescu (Postspectacle). In opere come Art Opening, crea uno spazio dedicato all’apertura dell’arte in termini di formato, contenuti ed estetica. In Love, Unexperiences, Unimages, Unhere ha esplorato situazioni e capacità corporee che agiscono in modo “meta”, cercando possibilità per influenzare ciò che è possibile pensare, vedere e sentire in contesti diversi. In alcune sedi, le sue performance appaiono senza invito (come in Unofficial Unworks)..
Collapse Yoga mixes Yoga with possible “negative” states as sadness, illness, anxiety, hopelessness, worry, renouncement, exhaustion, grief, boredom, decrepitude, pain, failure, fear and their traces in the body. It collides Yoga’s aims for coordination, balance, strength, straightness, flexibility, alignment, control with the body’s deep desires for asymmetry, incoordination, weakness, relaxation, freedom, unbalance, abandon, collapse. It affects the normativity of the human form. Collapse Yoga is sometimes practiced next to intimidating buildings, monuments, in charged public spaces associated with cultural stiffness, harmful ethics or bad politics. It can tune our bodies with natural, social and personal collapsing environments, affecting maybe some of them. The relation with our own bodies tends to extend to the entire reality – there is a correspondence and influence between the body’s politics and society’s problems.
Florin Flueras’ work expands into spheres of politics, philosophy, spirituality, health care, media, education, literature – affecting conventions and certainties, producing performative meetings between art and its outside. In Artwork he transforms works into practices, composing a “method” in the format of somatic / spiritual methods. With Alina Popa he created alternative art environments, artworks as Artworlds (Unsorcery, Clinica, Black Hyperbox). With Ion Dumitrescu he initiated Postspectacle, a practice of applying performative tools outside art, like in Candidate’s presidential campaign. In Art Opening he aims for temporary zones of possibility, for art openings at the levels of formats, contents and aesthetics. In Love, Unexperiences, Unimages, Unhere, he explores body situations and capacities that act meta, affecting what underlies the conceptual and perceptual, what is possible to think, see and feel in different contexts. In some venues they appear uninvited – Unofficial Unworks. He’s often transferring performative approaches between his writing and his works. More than visual or conceptual, Florin sees his recent practice as affect art.
show lessore/h 20:00
Tarek Lakhrissi – Spiraling
Turbina 2 – 7′
Spiraling (2021) è il nuovo film di Tarek Lakhrissi prodotto in collaborazione con la Shedhalle di Zurigo. Ispirato all’opera iconica di Félix González-Torres Untitled (Go-Go Dancing Platform) del 1991 e girato in una galleria della Haus der Kunst, Spiraling contrasta l’architettura autoritaria dell’edificio con la potente metafora della spirale. I movimenti rotatori della ballerina Mila Furie, attivista per i diritti delle persone queer e night performer, si sovrappongono a un racconto di formazione in poesia, narrato dalla voce di Lakhrissi. Il film può essere letto come una seduzione che utilizza la poesia, l’erotismo e la cultura pop per invertire lo sguardo dominante e le relazioni di potere. (Haus der Kunst, Echoes)
Lakhrissi has developed Spiraling (2021), a new film co-produced in collaboration with the Shedhalle Zurich. Inspired by Félix González-Torres’s iconic work “Untitled” (Go-Go Dancing Platform) from 1991 and filmed in a gallery of the Haus der Kunst, Spiraling counters the building’s authoritarian architecture with the powerful metaphor of the spiral. The gyrating movements of dancer Mila Furie, a queer rights activist and night performer, overlap with Lakhrissi’s voice poetically recounting a coming-of-age story. The film reads like a seduction that uses poetry, eroticism, and pop culture to invert the prevailing controlling gaze and power relations. (Haus der Kunst, Echoes)
show lessa seguire
Vashish Soobah
Dj set
Vashish Soobah (1994) è un artista visivo, filmmaker e documentarista nato in Sicilia da genitori mauriziani cresciuto in Brianza e attualmente di base a Milano. Si è laureato in Media Design ed Arti Multimediali (2018) presso NABA e ha ottenuto un Master in Moving Image & Artist’s Film presso Goldsmiths, University of London (2019).
Nella costruzione dei suoi lavori parte sempre dalla sua condizione di in-between, ovvero quella di essere in mezzo tra due culture, quella italiana e quella mauriziana. La sua pratica verte attorno al concetto di memoria e migrazione, sul significato di casa e di identità, sulla spiritualità e sulle questioni legate alla diaspora mauriziana attraverso narrazioni biografiche e personali.
Un altro elemento fondamentale che ripercorre nella sua pratica è quello di rimaneggiare le immagini e video che provengono dall’archivio familiare.
Oltre ai linguaggi legati all’immagine in movimento, la sua ricerca si caratterizza per un profondo interesse per la sperimentazione musicale, dove collabora con radio Raheem con uno show mensile concentrato sulla mappatura della diaspora mauriziana in giro per il mondo, la fotografia, la serigrafia e nell’ultimo periodo sta utilizzando la tecnica del ricamo su tessuti influenzato dal suo lavoro di ufficio presso un marchio di moda.
I suoi lavori sono stati esposti al MA*GA di Gallarate (2022), Fondazione Sandretto Re Rebaudengo Guarene (2022), Almanac Inn di Torino (2022), Marsel a Milano (2021), spazio Oberdan (2017) e pubblicate da riviste quali EX NUNC; i-d VICE, Il POST e Perimetro.
In occasione del 28° FESCAAAL nel 2017 ha presenta il documentario “Nanì” che ripercorre la storia della sua famiglia attraverso gli occhi della propria nonna, partendo da una ricerca personale per poi allargarsi all’intera eredità culturale Mauriziana.
Vashish Soobah (1994) is a visual artist, filmmaker and documentary filmmaker born in Sicily of Mauritian parents who grew up in Brianza and is currently based in Milan. He graduated in Media Design and Multimedia Arts (2018) at NABA and obtained a Master’s degree in Moving Image & Artist’s Film at Goldsmiths, University of London (2019). In the construction of his works he always starts from his in-between condition, i.e. that of being in-between two cultures, the Italian and the Mauritian. His practice revolves around the concept of memory and migration, the meaning of home and of identity, spirituality and issues related to the Mauritian diaspora through biographical and personal narratives. Another fundamental element that runs through his practice is that of reworking images and videos from the family archive. In addition to languages related to the moving image, his research is characterised by a deep interest in musical experimentation, where he collaborates with radio Raheem with a monthly show focused on mapping the Mauritian diaspora around the world, photography, screen printing and in the latest period he is using the technique of embroidery on fabrics influenced by his office work at a fashion brand. His works have been exhibited at MA*GA Gallarate (2022), Fondazione Sandretto Re Rebaudengo Guarene (2022), Almanac Inn in Turin (2022), Marsel in Milan (2021), spazio Oberdan (2017) and published by magazines such as EX NUNC; i-d VICE, Il POST and Perimeter. On the occasion of the 28th FESCAAAL in 2017 he presented the documentary ‘Nanì’ which traces his family history through the eyes of his own grandmother, starting from a personal research and then expanding to the entire Mauritian cultural heritage.
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